Pär Lagerkvist
Inviato: 14/01/2020, 14:07
Certamente tu sei felice di nulla,
benché così debba essere.
A me la vita deve dare cose di gran valore,
così stupendamente meravigliose.
E ora mi ha dato la sua più oscura profondità,
un mare di sofferenza da temere.
E a te, mia amata, nulla,
solo un amore sorridente.
*
La vita ha occhi così belli,
occhi di capriolo,
tristi, profondi,
ma che riflettono l’attimo estivo,
la muta felicità del giorno estivo
nel suo sguardo che brilla, vigila,
riluce nell’oscurità degli alberi –
Il cacciatore depone la sua arma
sull’erba rugiadosa del mattino
per seguire l’orma timorosa,
seguire gli occhi cupi e lustri
nel profondo della foresta
così lucente.
Bere alla stessa fonte,
profonda e chiara,
dove essa ha bevuto.
*
Notte del destino, quando la stella riposa
in una mano ignota.
Quando la tua anima corre verso l’abisso
o la terra del miracolo.
Spenta giace l’eternità,
solo un raggio di luce
palpita attraverso il vuoto profondo,
attraverso la dimora della morte.
*
Se credi in dio e non esiste dio,
allora è la tua fede miracolo anche maggiore.
Allora è davvero qualcosa d’incomprensibilmente grande.
Perché giace una creatura nel fondo delle tenebre
ed invoca qualcosa che non esiste?
Perché così avviene?
Non c’è nessuno che ode la voce invocante nelle tenebre.
Ma perché la voce esiste?
Nel 1969 l’editore Rusconi pubblica una selezione delle Poesie di Lagerkvist, per la cura di Giacomo Oreglia. Il testo è ripreso nel 1991 da Guaraldi/Nuova compagnia editrice, con una nota di Mario Luzi, che scrive: “Se è vero, come dice Rilke, che il compito dell’uomo è di umanizzare il mondo, quello di Lagerkvist è uno dei modi più ariosi e vibranti che io conosca”. In queste poesie – che bisognerebbe riprendere, ripubblicare – c’è qualcosa di evangelico, qualcosa di frugale, non sempre funzionano perché sono umane, hanno le parole di chi chiede il pane, di chi pretende una resa.
benché così debba essere.
A me la vita deve dare cose di gran valore,
così stupendamente meravigliose.
E ora mi ha dato la sua più oscura profondità,
un mare di sofferenza da temere.
E a te, mia amata, nulla,
solo un amore sorridente.
*
La vita ha occhi così belli,
occhi di capriolo,
tristi, profondi,
ma che riflettono l’attimo estivo,
la muta felicità del giorno estivo
nel suo sguardo che brilla, vigila,
riluce nell’oscurità degli alberi –
Il cacciatore depone la sua arma
sull’erba rugiadosa del mattino
per seguire l’orma timorosa,
seguire gli occhi cupi e lustri
nel profondo della foresta
così lucente.
Bere alla stessa fonte,
profonda e chiara,
dove essa ha bevuto.
*
Notte del destino, quando la stella riposa
in una mano ignota.
Quando la tua anima corre verso l’abisso
o la terra del miracolo.
Spenta giace l’eternità,
solo un raggio di luce
palpita attraverso il vuoto profondo,
attraverso la dimora della morte.
*
Se credi in dio e non esiste dio,
allora è la tua fede miracolo anche maggiore.
Allora è davvero qualcosa d’incomprensibilmente grande.
Perché giace una creatura nel fondo delle tenebre
ed invoca qualcosa che non esiste?
Perché così avviene?
Non c’è nessuno che ode la voce invocante nelle tenebre.
Ma perché la voce esiste?
Nel 1969 l’editore Rusconi pubblica una selezione delle Poesie di Lagerkvist, per la cura di Giacomo Oreglia. Il testo è ripreso nel 1991 da Guaraldi/Nuova compagnia editrice, con una nota di Mario Luzi, che scrive: “Se è vero, come dice Rilke, che il compito dell’uomo è di umanizzare il mondo, quello di Lagerkvist è uno dei modi più ariosi e vibranti che io conosca”. In queste poesie – che bisognerebbe riprendere, ripubblicare – c’è qualcosa di evangelico, qualcosa di frugale, non sempre funzionano perché sono umane, hanno le parole di chi chiede il pane, di chi pretende una resa.