John Keats
Inviato: 09/06/2013, 16:38
Sonetto XV
Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza!
Voce soave,dolci labbra,dolce
mano e più dolce seno, ed il respiro
caldo,lieve sussurro,semitono
tenero ed occhi splendidi, perfetta
forma e bacino languido! Appassito
il fiore ed ogni suo sbocciato incanto,
dai miei occhi svanita la bellezza,
dalle mie braccia svanita la forma
della bellezza, svanita la voce,
il tepore, il candore, il paradiso.
Tutto si dileguò prima del tempo
al cader della sera,quando il fioco
giorno festivo, o la festiva notte,
dell' amore dai veli profumati
già incomincia a tessere l'ordito
del buio denso,per l'ascosa gioia.
Ma oggi ho letto il messale d'amore,
ed egli certo vorrà darmi il sonno
vedendo come io digiuni e preghi.
Sonetto XIII Al Sonno
O tu che dolcemente imbalsamando
la silenziosa mezzanotte serri
con le dita benigne e diligenti
gli occhi nostri protetti dalla luce,
compiaciuti dell'ombra,sigillati
in un oblio divino, o soavissimo
Sonno,nel mezzo di quest'inno tuo
chiudi i miei occhi se così ti piaccia.
consenzienti,od aspetta l' << Amen >>, prima
che sul mio letto sparga il tuo papavero
le sue cullanti carità.Poi salvami,
o il giorno ormai passato splenderà
sul mio cuscino,generando molti
tormenti;dalla curiosa coscienza
tu salvami,che ancora per il buio
accumula le forze, perforando
come talpa;abilmente nei serrami
oliati gira la tua chiave, e il tacito
scrigno della mia anima sigilla.
Sonetto XII
Come una volta Ermete alle sue ali
leggere si affidò, quando cullato
venne meno Argo ed ingannato giacque,
il mio demone ozioso diede suono
a una delfica canna ed incantò
e sconfisse e privò dei suoi cento occhi
il dragone del mondo e via fuggì
vedendolo addormentato- non sul puro
Ida coi suoi cieli freddi di neve,
né in Tempe ove s' afflisse Giove un giorno;
ma in quel secondo cerchio dell' inferno
dolente, dove tra folate e raffiche
di turbini, di grandine, di pioggia,
necessità non obbliga gli amanti
a dire il loro duolo.Erano pallide
le dolci labbra che io vidi,pallide
le labbra che baciai, ed era bella
la forma con la quale fluttuai
per quella malinconica bufera.
Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza!
Voce soave,dolci labbra,dolce
mano e più dolce seno, ed il respiro
caldo,lieve sussurro,semitono
tenero ed occhi splendidi, perfetta
forma e bacino languido! Appassito
il fiore ed ogni suo sbocciato incanto,
dai miei occhi svanita la bellezza,
dalle mie braccia svanita la forma
della bellezza, svanita la voce,
il tepore, il candore, il paradiso.
Tutto si dileguò prima del tempo
al cader della sera,quando il fioco
giorno festivo, o la festiva notte,
dell' amore dai veli profumati
già incomincia a tessere l'ordito
del buio denso,per l'ascosa gioia.
Ma oggi ho letto il messale d'amore,
ed egli certo vorrà darmi il sonno
vedendo come io digiuni e preghi.
Sonetto XIII Al Sonno
O tu che dolcemente imbalsamando
la silenziosa mezzanotte serri
con le dita benigne e diligenti
gli occhi nostri protetti dalla luce,
compiaciuti dell'ombra,sigillati
in un oblio divino, o soavissimo
Sonno,nel mezzo di quest'inno tuo
chiudi i miei occhi se così ti piaccia.
consenzienti,od aspetta l' << Amen >>, prima
che sul mio letto sparga il tuo papavero
le sue cullanti carità.Poi salvami,
o il giorno ormai passato splenderà
sul mio cuscino,generando molti
tormenti;dalla curiosa coscienza
tu salvami,che ancora per il buio
accumula le forze, perforando
come talpa;abilmente nei serrami
oliati gira la tua chiave, e il tacito
scrigno della mia anima sigilla.
Sonetto XII
Come una volta Ermete alle sue ali
leggere si affidò, quando cullato
venne meno Argo ed ingannato giacque,
il mio demone ozioso diede suono
a una delfica canna ed incantò
e sconfisse e privò dei suoi cento occhi
il dragone del mondo e via fuggì
vedendolo addormentato- non sul puro
Ida coi suoi cieli freddi di neve,
né in Tempe ove s' afflisse Giove un giorno;
ma in quel secondo cerchio dell' inferno
dolente, dove tra folate e raffiche
di turbini, di grandine, di pioggia,
necessità non obbliga gli amanti
a dire il loro duolo.Erano pallide
le dolci labbra che io vidi,pallide
le labbra che baciai, ed era bella
la forma con la quale fluttuai
per quella malinconica bufera.