Langthar ha scritto:Grazie per il tuo commento e per il benvenuto. ;)
Con il termine "apatico" intendo il momento in cui si da sfogo, si esterna ciò che giorno per giorno la gente inibisce o "sopprime" del tutto, per vari motivi personali e "sociali". E sempre in quell'attimo di sfogo, lo si fa con apatia, indifferenza, impassibilità. Molti non condividono il termine che ho scelto, non mi interessa, il punto di vista è soggettivo.
Il titolo "Fame" si riferisce alla fame di questo istinto, quasi una pulsione che a volte diventa irrefrenabile.
Ora, non per fare il letterato

, ma sai come si chiama questa cosa che tu hai descritto? Si chiama
desiderio ed io aggiungerei
d'infinito. Quello stesso bisogno che accomuna tutti gli uomini. Ogni uomo nasce con quel bisogno di felicità che lo contraddistingue da una scimmia, perché la scimmia non si chiede, come fa ad esempio Leopardi, perché abbia questa domanda (che Leopardi chiama o noia o tedio, perché lo costringe a riflettere su quanto la vita sia crudele facendogli desiderare infinitamente, ma dandogli soltanto cose
finite nel loro poter soddisfare che è quindi incompleto, sempre inconcludente perciò all'uomo resta sempre la domanda d'infinito).
Inoltre se vogliamoa approfondire ancora più seriamente la questione, questo fatto, per chi studia teologia, è detto il
senso religioso ossia la spinta, la domanda, di compimento dell'uomo che come avendo fame ha bisogno del cibo, volendo l'infinito, il compimento, il bene, la felicità, sente il bisogno dell'amore di Dio. Ma questi, seppur molto interessanti, sono argomenti più teologici che poetici. Poi chiaro, se escludiamo Dio dalla nostra sfera, le risposte che ci diamo sono quelle che si dà Leopardi: ho un desiderio infinito, ma nessuno mi può rispondere perché Dio non esiste, quindi questo desiderio è noia all'uomo
e fango è il mondo e tragica è la condizione della natura umana che nonostante ciò:
or come (...) se frale in tutto e vile, tant'alto senti?