Sebastiano A. Patanè
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Sebastiano A. Patanè
Febbraio
Febbraio passa sulle rive come un piccolo
vento che non piega i vetri dove muoiono le falene e gli entusiasmi
del ragazzo sempreverde. Vibra dei fuochi di S. Agata e delle illusioni
senza armonie dei percorsi malandati
come quegli occhi senza più colore, come le punte dei combattimenti.
Ah se ci fosse spazio prima del debito d’aprile, se ci fosse luna
senza cosce bianche o secchi melograni
per lasciare con fierezza ogni garanzia e anche tu, Leda viola e
lacci, a rimandarmi scolaretto ‘61, sui nuovi libri… nuovi libri…
Nessuna risposta in quegli intonaci, solo graffi e cenci
e piccole, molto piccole gemme incastonate
nell’avorio della dignità, palandrana che ci copre appena, che non sfugge
ai principi della concorrenza,
della geniale sopravvivenza.
A febbraio il circolare s’apre a tutte le risacche
e rientra il tempo gravido d’incompreso vero amore
Febbraio passa sulle rive come un piccolo
vento che non piega i vetri dove muoiono le falene e gli entusiasmi
del ragazzo sempreverde. Vibra dei fuochi di S. Agata e delle illusioni
senza armonie dei percorsi malandati
come quegli occhi senza più colore, come le punte dei combattimenti.
Ah se ci fosse spazio prima del debito d’aprile, se ci fosse luna
senza cosce bianche o secchi melograni
per lasciare con fierezza ogni garanzia e anche tu, Leda viola e
lacci, a rimandarmi scolaretto ‘61, sui nuovi libri… nuovi libri…
Nessuna risposta in quegli intonaci, solo graffi e cenci
e piccole, molto piccole gemme incastonate
nell’avorio della dignità, palandrana che ci copre appena, che non sfugge
ai principi della concorrenza,
della geniale sopravvivenza.
A febbraio il circolare s’apre a tutte le risacche
e rientra il tempo gravido d’incompreso vero amore
Ultima modifica di Sebastiano A. Patanè il 17/02/2010, 19:16, modificato 3 volte in totale.
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Marta ha preso un libro
Marta ha preso un libro
-era l’ultimo all’edicola, è fortunata Marta -
parla di storie di mani contadine, mi parla di riflussi
e negazioni, rughe avvolte in carta grezza e figli morti
di sifilide
Racconta, Marta, delle prospettive usurate in lento scorrere
della protagonista con deodorante fumo di castagno
e pane tra le dita,
del persistente odore d’orzo la mattina, del miele di carrubo e
i suoi antibiotici. Strani i concetti del “servire” confuso dono
matriarcale che alza lo sgabello del maschio seminante
a ruolo di monarca, corona in plastica e posto a capotavola.
Salta il mistero mariano -ci tornerà più tardi- racchiuso nell’icona
ma sparso dappertutto come talco o semi di basilico novello.
Gira la ruota e gira la sostanza dell’effimero riguardo,
settant’anni nello schiocco delle dita, dalla romana frusta all’obice,
dall’omeopata al cobalto, rimane il seme miracolo immutato.
“È veramente un discorso nobile quello che dice:
“Ciò che la vita promette a noi, sia la promessa che noi onoriamo alla vita!””
( Friedrich Nietzsche)
Ed è li che s’imbocca la distanza. nella promessa per scarsa visuale:
oltre la siepe non c’importa!
Marta lo sa e salta sulle cime senza curarsi del sangue sotto l’ unghia
Marta ha preso un libro
-era l’ultimo all’edicola, è fortunata Marta -
parla di storie di mani contadine, mi parla di riflussi
e negazioni, rughe avvolte in carta grezza e figli morti
di sifilide
Racconta, Marta, delle prospettive usurate in lento scorrere
della protagonista con deodorante fumo di castagno
e pane tra le dita,
del persistente odore d’orzo la mattina, del miele di carrubo e
i suoi antibiotici. Strani i concetti del “servire” confuso dono
matriarcale che alza lo sgabello del maschio seminante
a ruolo di monarca, corona in plastica e posto a capotavola.
Salta il mistero mariano -ci tornerà più tardi- racchiuso nell’icona
ma sparso dappertutto come talco o semi di basilico novello.
Gira la ruota e gira la sostanza dell’effimero riguardo,
settant’anni nello schiocco delle dita, dalla romana frusta all’obice,
dall’omeopata al cobalto, rimane il seme miracolo immutato.
“È veramente un discorso nobile quello che dice:
“Ciò che la vita promette a noi, sia la promessa che noi onoriamo alla vita!””
( Friedrich Nietzsche)
Ed è li che s’imbocca la distanza. nella promessa per scarsa visuale:
oltre la siepe non c’importa!
Marta lo sa e salta sulle cime senza curarsi del sangue sotto l’ unghia
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Sopra il cielo
in questo cielo sotto casa dove si radunano gli anni persi
nei filtri ormai vinti dalla consapevolezza, i banchetti divorati dalle
amanti per cambiare
e i soliloqui che rotolano cotoni
in questo sotto casa che mai scolora si
abbeverano le illusioni
I morti stanno sopra i tetti, antenne vigili, in un cielo
condominiale a circuito chiuso e da li tentano
ingressi onirici per quotidiane profezie
Nemmeno gli occhi lunghi sfuggono le giostre
che incastrano nel vuoto
quel pensiero oltre l’uomo, quelle simmetrie di sassi
qualche piano sopra il cielo
in questo cielo sotto casa dove si radunano gli anni persi
nei filtri ormai vinti dalla consapevolezza, i banchetti divorati dalle
amanti per cambiare
e i soliloqui che rotolano cotoni
in questo sotto casa che mai scolora si
abbeverano le illusioni
I morti stanno sopra i tetti, antenne vigili, in un cielo
condominiale a circuito chiuso e da li tentano
ingressi onirici per quotidiane profezie
Nemmeno gli occhi lunghi sfuggono le giostre
che incastrano nel vuoto
quel pensiero oltre l’uomo, quelle simmetrie di sassi
qualche piano sopra il cielo
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Sono stato a Mosca
Sono stato a Mosca ed era freddo
Come voi, anch’io curiosavo tra le gemme espressione di un tempo
o da sotto le cupole di questi santi amati a metà
ma c’era un profumo di ampio, di lontano,
di vero, perché sofferto, perché a lungo emanato e mai respirato
che insinuava l’importanza del vivere, il ruolo!
Sono stato a Mosca,
a partire da Tallin dove il blu è altra cosa
dove sul treno
l’uomo magro porta il the sul vassoio d’argento…ed un violino nell’aria…
e mille cartoline correvano la fuori, mille sogni e mille desideri.
Ed il profumo, ancora, di una spezia che sta nel cuore di quei russi,
in quelle donne color Matisse, in quel bianco che non è solo neve
A Mosca sono stato ed era forte il senso di Cecov
la smania di Esenin, il dolore di Lila; giravano tra le insegne
di Armani e le birre giovani di Nikol’skaya ulitsa
o tra le ambre della Neva. Era freddo
e una fiamma d’arsenico mi serrava la gola
quando sono stato a Mosca
Sono stato a Mosca ed era freddo
Come voi, anch’io curiosavo tra le gemme espressione di un tempo
o da sotto le cupole di questi santi amati a metà
ma c’era un profumo di ampio, di lontano,
di vero, perché sofferto, perché a lungo emanato e mai respirato
che insinuava l’importanza del vivere, il ruolo!
Sono stato a Mosca,
a partire da Tallin dove il blu è altra cosa
dove sul treno
l’uomo magro porta il the sul vassoio d’argento…ed un violino nell’aria…
e mille cartoline correvano la fuori, mille sogni e mille desideri.
Ed il profumo, ancora, di una spezia che sta nel cuore di quei russi,
in quelle donne color Matisse, in quel bianco che non è solo neve
A Mosca sono stato ed era forte il senso di Cecov
la smania di Esenin, il dolore di Lila; giravano tra le insegne
di Armani e le birre giovani di Nikol’skaya ulitsa
o tra le ambre della Neva. Era freddo
e una fiamma d’arsenico mi serrava la gola
quando sono stato a Mosca
Re: Sebastiano A. Patanè
scrivi molto bene Sebastiano, complimenti
Re: Sebastiano A. Patanè
Simpatico ed originale approccio a questo Febbraio.
Versi scritti da una esperta mano
Versi scritti da una esperta mano
ito nami
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- Iscritto il: 17/02/2010, 18:57
Re: Sebastiano A. Patanè
scarlet ha scritto:scrivi molto bene Sebastiano, complimenti
Ma grazie Scarlet, grazie davvero per l'apprezzameto
spero di leggere presto qualcosa di tuo
Sebastiano
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- Iscritto il: 17/02/2010, 18:57
Re: Sebastiano A. Patanè
ito nami ha scritto:Simpatico ed originale approccio a questo Febbraio.
Versi scritti da una esperta mano
Grazie anche a te Ito nami.
Ho letto di te e sono affascinato sia dal poeta che dal commentatore. La tua competenza è elevata ed autorevole, per cui mi sento lusingato dal tuo apprezzamento.
Grazie
Sebastiano
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- Iscritto il: 17/02/2010, 18:57
Re: Sebastiano A. Patanè
La stazione di Lagonegro
La stazione di Lagonegro ha tre occhi e un ombrello
e nessun tappeto rosso sopra o sotto il marciapiede
(Ho cercato ovunque una ragione per dire
- finiamola una buona volta con questo cuore -
perché ho dentro tutte le pietre e tutti i fiori, le colpe e tutti i canti.
Ma a che servono adesso che non ho un “dentro”
da svuotare o riempire?)
Racconta molto la Stazione di Lagonegro, confine di due menti
cambio di pensiero tra il sonnecchiante sei del mattino e
schifoso odore di caffè
ma non c’entrano i gerani , il macchinista, il freddo…
(Ti rubo un tempo nel tempo,
porto via qualche attimo per scansare la tristezza. Nulla più.)
Tutto quel grigiocadmio del cielo grava sui tetti come se volesse,
come se potesse violentare il mondo
o sono gli occhi lasciati sui divani volanti che vedono la parte bassa
dell’arcobaleno?
Non ci sono richiami nelle scritte sui muri o negli alberi dei “ti amo”
nati morti per arricchimento e constatazione
(Dimenticanza. Oh nume! lasciami pensare che sono ancora vivo
nel mio bell’inferno, seppur senza cavallo e dama nella torre.
Che sia una parola, menzogna o no, a darmi la speranza.)
La stazione di Lagonegro ha un ombrello e tre occhi
e mi spia.
La stazione di Lagonegro ha tre occhi e un ombrello
e nessun tappeto rosso sopra o sotto il marciapiede
(Ho cercato ovunque una ragione per dire
- finiamola una buona volta con questo cuore -
perché ho dentro tutte le pietre e tutti i fiori, le colpe e tutti i canti.
Ma a che servono adesso che non ho un “dentro”
da svuotare o riempire?)
Racconta molto la Stazione di Lagonegro, confine di due menti
cambio di pensiero tra il sonnecchiante sei del mattino e
schifoso odore di caffè
ma non c’entrano i gerani , il macchinista, il freddo…
(Ti rubo un tempo nel tempo,
porto via qualche attimo per scansare la tristezza. Nulla più.)
Tutto quel grigiocadmio del cielo grava sui tetti come se volesse,
come se potesse violentare il mondo
o sono gli occhi lasciati sui divani volanti che vedono la parte bassa
dell’arcobaleno?
Non ci sono richiami nelle scritte sui muri o negli alberi dei “ti amo”
nati morti per arricchimento e constatazione
(Dimenticanza. Oh nume! lasciami pensare che sono ancora vivo
nel mio bell’inferno, seppur senza cavallo e dama nella torre.
Che sia una parola, menzogna o no, a darmi la speranza.)
La stazione di Lagonegro ha un ombrello e tre occhi
e mi spia.
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- Iscritto il: 17/02/2010, 18:57
Re: Sebastiano A. Patanè
Com’è fatta una poetessa?
Com’è fatta una poetessa? Con tutti quegli occhi
che non si vedono, quei cuori nascosti dietro le parole
ed una reflex per cellula sempre in posizione…
E’ sostanza rarefatta sui gradini della sera
e compensa l’umano nei primitivi suoni
Senza riparo lungo la bufera, quindi,
una poetessa è sola!
"come le pizie cumane
io canto il dolore di tutti" (Alda Merini)
ed io che parlo con te, quindi, sono solo anch’io…
e poeta…!
e noi, noi…
quale sostanza ci avvinghia, dunque?
Di che amore è fatto il disprezzo d’ogni libertà
schiavi come siamo di noi, di te e di me
che da fuori della porta ci bussiamo inuditi?
Com’è fatta una poetessa? Con tutti quegli occhi
che non si vedono, quei cuori nascosti dietro le parole
ed una reflex per cellula sempre in posizione…
E’ sostanza rarefatta sui gradini della sera
e compensa l’umano nei primitivi suoni
Senza riparo lungo la bufera, quindi,
una poetessa è sola!
"come le pizie cumane
io canto il dolore di tutti" (Alda Merini)
ed io che parlo con te, quindi, sono solo anch’io…
e poeta…!
e noi, noi…
quale sostanza ci avvinghia, dunque?
Di che amore è fatto il disprezzo d’ogni libertà
schiavi come siamo di noi, di te e di me
che da fuori della porta ci bussiamo inuditi?
Re: Sebastiano A. Patanè
A14
Com’è che vorresti toccare
Il volto, i capelli e la goccia?
Com’è che vorresti baciare
La mano e la morbida guancia?
Com’è che vorresti toccare
Il volto, i capelli e la goccia?
Com’è che vorresti baciare
La mano e la morbida guancia?