Gianni Regalzi
Moderatori: Luca Necciai, ito nami
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
TANAVLEN E PEDIVÈLA
U j’era Tanavlen e Pedivèla
ch’is’eru tücc e dói annamurà
ad Cü Rutónd, ‘na gron bèla pivèla
ch’la stava an t’la medesima cuntrà.
Anzёn di dόi però l’ava l’ardì
ad dichiarè l’amur a cula Steila
e al rinviavu sempr al martedì
quóndi ch’l’andava al furn con la só melia.
Al suma tücc che u temp al curr sgagià
e cula Mata l’era semp pü bèla,
cui dói anvece semper pü sparzià
e antónt ch’i stavu lé a meditè
cul gròn bèll toc ad tunn ad Cü Rutond,
dal panaté us fava strafugnè.
Lisòndria, 31 Magg 2007
Gianni Regalzi
(Foto da Google immagini)
Traduzione dell’Autore.
Tanavlen e Pedivèla
C’erano Tanavlen e Pedivèla/che si erano entrambi innamorati/
Di Cü Rutond (Sedere Tondo) una gran bella figliola/
Che abitava nella stessa contrada.//Nessuno dei due però aveva il coraggio/
di chiarare il proprio amore a quela Stella/e lo rimandavano sempre al martedi/
quando Lei portava il granoturco al forno//Sappiamo tutti che il tempo corre in fretta/
e quella ragazza diventava sempre più bella/mentre i due amici sempre più rimbambiti//
e mentre stavano lì a meditare/quel gran pezzo di tonno della ragazza/faceva l’amore col fornaio//.
(La traduzione in lingua penalizza moltissimo il sonetto privandolo della musicalità propria del metro).
Gianni Regalzi
U j’era Tanavlen e Pedivèla
ch’is’eru tücc e dói annamurà
ad Cü Rutónd, ‘na gron bèla pivèla
ch’la stava an t’la medesima cuntrà.
Anzёn di dόi però l’ava l’ardì
ad dichiarè l’amur a cula Steila
e al rinviavu sempr al martedì
quóndi ch’l’andava al furn con la só melia.
Al suma tücc che u temp al curr sgagià
e cula Mata l’era semp pü bèla,
cui dói anvece semper pü sparzià
e antónt ch’i stavu lé a meditè
cul gròn bèll toc ad tunn ad Cü Rutond,
dal panaté us fava strafugnè.
Lisòndria, 31 Magg 2007
Gianni Regalzi
(Foto da Google immagini)
Traduzione dell’Autore.
Tanavlen e Pedivèla
C’erano Tanavlen e Pedivèla/che si erano entrambi innamorati/
Di Cü Rutond (Sedere Tondo) una gran bella figliola/
Che abitava nella stessa contrada.//Nessuno dei due però aveva il coraggio/
di chiarare il proprio amore a quela Stella/e lo rimandavano sempre al martedi/
quando Lei portava il granoturco al forno//Sappiamo tutti che il tempo corre in fretta/
e quella ragazza diventava sempre più bella/mentre i due amici sempre più rimbambiti//
e mentre stavano lì a meditare/quel gran pezzo di tonno della ragazza/faceva l’amore col fornaio//.
(La traduzione in lingua penalizza moltissimo il sonetto privandolo della musicalità propria del metro).
Gianni Regalzi
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
AD OCCHI CHIUSI
Per un istante ho chiuso gli occhi al giorno
e per maligno fato son franato
nel cupo bosco dei deliri e affanni.
Dal buio dei cespugli occhi malvagi
mi scrutano e mi spian di nascosto.
Con insicuro passo e a braccia tese
cammino verso meta sconosciuta.
Angoli acuti, spigoli taglienti,
tronchi marciti, ruvide radici,
erbe pungenti e fiori con le spine
feriscono il mio passo, il viso e il senno.
Un chiurlo di civetta, un urlo, un pianto,
non so cosa succede. C'è una nube
fatta di fango, fumo ed ombre scure
che avvolge tutto ciò che mi sta attorno.
Violento un raggio giallo mi ferisce,
ma stranamente ciò mi pare dolce,
pian piano riapro gli occhi, è il Sole Amico.
È sorta per fortuna un'altra Aurora.
Alessandria, 17 Tevet 5776 (29/12/2015)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
(Foto By Web)
Per un istante ho chiuso gli occhi al giorno
e per maligno fato son franato
nel cupo bosco dei deliri e affanni.
Dal buio dei cespugli occhi malvagi
mi scrutano e mi spian di nascosto.
Con insicuro passo e a braccia tese
cammino verso meta sconosciuta.
Angoli acuti, spigoli taglienti,
tronchi marciti, ruvide radici,
erbe pungenti e fiori con le spine
feriscono il mio passo, il viso e il senno.
Un chiurlo di civetta, un urlo, un pianto,
non so cosa succede. C'è una nube
fatta di fango, fumo ed ombre scure
che avvolge tutto ciò che mi sta attorno.
Violento un raggio giallo mi ferisce,
ma stranamente ciò mi pare dolce,
pian piano riapro gli occhi, è il Sole Amico.
È sorta per fortuna un'altra Aurora.
Alessandria, 17 Tevet 5776 (29/12/2015)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
(Foto By Web)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
ALL'OMBRA DEL SOLSTIZIO DELL'ESTATE
La spiaggia era deserta, solo noi
distesi all'ombra delle stelle antiche.
Il mare mormorava l'armonia
nel lento divenir della risacca.
Tante ombre intorno e l'eco del peccato
accompagnava il tuo respiro e il mio.
"Lascia che sia così, non dire nulla"
mi sussurrasti con voce tremante
e complice il languor di prima estate,
precipitammo nel profondo inferno.
Alessandria, 22 giugno 2012
Gianni Regalzi
(da "Silenzi e Pensieri" dir.ris.)
La spiaggia era deserta, solo noi
distesi all'ombra delle stelle antiche.
Il mare mormorava l'armonia
nel lento divenir della risacca.
Tante ombre intorno e l'eco del peccato
accompagnava il tuo respiro e il mio.
"Lascia che sia così, non dire nulla"
mi sussurrasti con voce tremante
e complice il languor di prima estate,
precipitammo nel profondo inferno.
Alessandria, 22 giugno 2012
Gianni Regalzi
(da "Silenzi e Pensieri" dir.ris.)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
L’ECO DELLA MIA VOCE
L’opaca trasparenza di un ricordo
mi lascia delle zone buie ed ombre.
Un bimbo corre allegro nel giardino,
ma non ci sono fiori, solo ortiche.
La nonna è nel suo letto
definitivamente addormentata,
ci sono ceri a lutto e tanti veli
fetore di reliquia, fuochi fatui.
Domenica mattina di quel maggio
col delicato effluvio della rosa.
Barba rasata e l’auto fuori pronta,
la prima spiaggia aspetta la sua pelle,
son lì con lei sdraiato in riva al mare.
Mani golose, sguardi intensi e muti,
ma poco avanti un rombo, un urlo e un pianto
e poi tanto silenzio nella mente.
Ora il mio tempo è fermo o scorre in fretta,
camici bianchi, letti con le cinghie,
un finto sole è lì sotto la volta
non è mai tramontato dietro ai monti.
Sento la mia voce che da lontano
Inconfondibilmente mi fa l’eco.
Alessandria, 17 Tammuz 5775 (4/7/2015)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
L’opaca trasparenza di un ricordo
mi lascia delle zone buie ed ombre.
Un bimbo corre allegro nel giardino,
ma non ci sono fiori, solo ortiche.
La nonna è nel suo letto
definitivamente addormentata,
ci sono ceri a lutto e tanti veli
fetore di reliquia, fuochi fatui.
Domenica mattina di quel maggio
col delicato effluvio della rosa.
Barba rasata e l’auto fuori pronta,
la prima spiaggia aspetta la sua pelle,
son lì con lei sdraiato in riva al mare.
Mani golose, sguardi intensi e muti,
ma poco avanti un rombo, un urlo e un pianto
e poi tanto silenzio nella mente.
Ora il mio tempo è fermo o scorre in fretta,
camici bianchi, letti con le cinghie,
un finto sole è lì sotto la volta
non è mai tramontato dietro ai monti.
Sento la mia voce che da lontano
Inconfondibilmente mi fa l’eco.
Alessandria, 17 Tammuz 5775 (4/7/2015)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
I SOGNI E LA FOLLIA
Un inquietante chiurlo di civetta
e un monotono frinire di cicale
mi spargono davanti un’altra notte.
Con la preziosa chiave dei miei sogni
per una volta ancora fuggirò
dalle fauci insanguinate
della mia inesauribile follia.
Alessandria, 25 Sivan 5775 (12/6/2015)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir. ris.)
Un inquietante chiurlo di civetta
e un monotono frinire di cicale
mi spargono davanti un’altra notte.
Con la preziosa chiave dei miei sogni
per una volta ancora fuggirò
dalle fauci insanguinate
della mia inesauribile follia.
Alessandria, 25 Sivan 5775 (12/6/2015)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir. ris.)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
LA VUZ ANT ‘L PUS
J’hò turna vist cul’òmbra ant la me curt,
ormai disabitaja da tònc ani.
L’è ‘ncura lé, tacaja a la miraja
ch’la uarda vèrs al pus ant u giarden.
L’avghiva zà ‘na vota, tònt temp fà
qònd ch’a giugava co’l balòn e co’l biji.
L’avghuiva ammachi mé, j’ater j’arijvu,
im divu ch’l’era frütt d’la fantazia.
Me anvece j’era sicür ad cul ch’a diva,
sensa però capì u significato.
Del voti um smiava fina
ch’l’aurijsa dim cuc-cosa
e me a stava lé còn atensiòn,
ma ‘nveci del paroli
a sentiva ‘ndrenta ‘l còr frigg e emusiòn.
D’anlura u j’è pasà pü ‘d sinqònt’ani
e lé’ l’è semper lé ch’la uarda ‘l pus.
Adès el pus l’è seuc, u j’è pü l’acqua,
però s’ai vagh auzen còn atensiòn
um smea ‘d senti l’eco
d’na vuz ch’la crea “Aiuto”.
Lisòndria, 24 Dicember 2007
Gianni Regalzi
(Foto di Roby Novello da "L'obiettivo è l'Anima"
Poesie di Ginni Regalzi e Foto d'Arte di Roby Novello)
(Diritti Riservati)
(La foto è una rielaborazione da uno scatto
fatto nel giardino di Casa Regalzi in ALESSANDRIA)
Traduzione
LA VOCE NEL POZZO
Ho nuovamente visto quell’ombra nel mio cortile,
ormai disabitato da tanti anni.
È ancora lì, contro quel muro
che guarda verso il pozzo nel giardino.
La vedevo già una volta, tanto tempo fa
quando giocavo con il pallone e le biglie.
La vedevo soltanto io, gli altri ridevano,
dicevano che era il frutto della mia fantasia.
Io ero certo di ciò che dicevo,
senza però comprenderne il significato.
A volte sembrava persino
volesse dirmi qualche cosa
ed io ascoltavo con attenzione,
ma non sentivo altro che freddo ed emozione.
D’allora sono trascorsi più di cinquant’anni
e quell’ombra è sempre lì che guarda il pozzo.
Il pozzo ormai è secco, non c’è più acqua,
ma se mi avvicino con attenzione
mi sembra di sentire l’eco di una voce che grida “Aiuto”.
J’hò turna vist cul’òmbra ant la me curt,
ormai disabitaja da tònc ani.
L’è ‘ncura lé, tacaja a la miraja
ch’la uarda vèrs al pus ant u giarden.
L’avghiva zà ‘na vota, tònt temp fà
qònd ch’a giugava co’l balòn e co’l biji.
L’avghuiva ammachi mé, j’ater j’arijvu,
im divu ch’l’era frütt d’la fantazia.
Me anvece j’era sicür ad cul ch’a diva,
sensa però capì u significato.
Del voti um smiava fina
ch’l’aurijsa dim cuc-cosa
e me a stava lé còn atensiòn,
ma ‘nveci del paroli
a sentiva ‘ndrenta ‘l còr frigg e emusiòn.
D’anlura u j’è pasà pü ‘d sinqònt’ani
e lé’ l’è semper lé ch’la uarda ‘l pus.
Adès el pus l’è seuc, u j’è pü l’acqua,
però s’ai vagh auzen còn atensiòn
um smea ‘d senti l’eco
d’na vuz ch’la crea “Aiuto”.
Lisòndria, 24 Dicember 2007
Gianni Regalzi
(Foto di Roby Novello da "L'obiettivo è l'Anima"
Poesie di Ginni Regalzi e Foto d'Arte di Roby Novello)
(Diritti Riservati)
(La foto è una rielaborazione da uno scatto
fatto nel giardino di Casa Regalzi in ALESSANDRIA)
Traduzione
LA VOCE NEL POZZO
Ho nuovamente visto quell’ombra nel mio cortile,
ormai disabitato da tanti anni.
È ancora lì, contro quel muro
che guarda verso il pozzo nel giardino.
La vedevo già una volta, tanto tempo fa
quando giocavo con il pallone e le biglie.
La vedevo soltanto io, gli altri ridevano,
dicevano che era il frutto della mia fantasia.
Io ero certo di ciò che dicevo,
senza però comprenderne il significato.
A volte sembrava persino
volesse dirmi qualche cosa
ed io ascoltavo con attenzione,
ma non sentivo altro che freddo ed emozione.
D’allora sono trascorsi più di cinquant’anni
e quell’ombra è sempre lì che guarda il pozzo.
Il pozzo ormai è secco, non c’è più acqua,
ma se mi avvicino con attenzione
mi sembra di sentire l’eco di una voce che grida “Aiuto”.
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
la casa a sinistra è Casa Regalzi dove sono nato)
PERSONAGGI E VECCHI DETTI 'DLA VAL DI RATT
(La valle dei topi) Rione della vecchia Alessandria ormai scomparso
Gòmba ‘d flece. Gamba di fionda.
(Così soprannominato per una protesi di legno,
materiale usato per costruire le fionde “flece”)
Pe ‘d fritüra. Piedi di fegato.
(Aveva i piedi gonfi e viola come il fegato
in dialetto “fritüra)
Trei oss. Tre ossa.
(Persona molto magra)
Di ‘n tèl cü. Dito in c..o.
(Non servono spiegazioni)
Piombo trovato.
(Commerciante di rottami)
C-ücia ‘n ciò. Succhia un chiodo.
(Eternamente affamato)
Maria la titòn. Maria la tettona.
La siura Amalia.
(Rideva sempre)
La madama zibachen. La signora pagnottella.
(Perpetua di Santa Maria di castello che
regalava il panino con il cioccolato ai
ragazzini che facevano la comunione)
Tuniёta la quarant’ani.
(Signora molto anziana che affermava
di avere quarant’anni).
Carten an sèl moli. Carrettino sulle molle.
(Camminava tutto dondolante)
La vaca neira. La vacca nera.
(Portavoce del vecchio regime)
Cü gross. Culo grosso
(Non servono spiegazioni)
Gazia. Gaggia.
(Anziana signora magra e nodosa come una gaggia)
Cul ch’al fa balè la sümmia. Quello che fa ballare la scimmia.
(Caratteristico personaggio della mia infanzia che si
guadagnava da vivere facendo piccoli spettacoli con una
dispettosissima scimmietta.)
Pinott u sacrista. Giuseppe il sacrestano.
(Sacrestano di S. Maria di castello)
I Re del toli. I Re dei bidoni.
(Noti fratelli decoratori molto abili nel sistemare
diversi bidoni (TOLI)di pittura sulle loro
sgangherate biciclette.)
Uanen el bek. Giovanni il corn..o.
Tony u strupi. Antonio il disabile.
El Baby. Il rospo.
Bel ogg. Begl’occhi.
Pinot el mèz chilu. Giuseppe mezzochilo.
A Borgo Rovereto, (la vall di ratt – la valle dei topi) zona di v. Volturno, v. Milazzo, v. S. Ubaldo, v. S. Maria di castello, vicolo Quartieretto e parte di v. Verona erano d’uso alcuni modi di dire, oggi si direbbero frasi fatti, molto colorite ed oggi non più identificabili a nessuna situazione. Tra queste, alcune mi sono rimaste impresse.
Ad smei c-ücià dai plüson.
Sembri succhiato dai parassiti delle galline.
Biònc e russ cme ‘n limunen.
Bianco e rosso come un limone.
At s-ciopi ‘d salüt cme la fiamèla del gaz.
Sei sano come la fiammella del gas. (E’ viola!!!)
A la smeja na rata da cèsu.
Sembra un ratto di fogna.
A j’ho mangià na lever da cup.
Ho mangiato un alepre dei tetti. (Un gatto)
U stà ‘n pe per misericordia.
Si regge in piedi per misericordia.
A l’è ad cula qualità, che quòndi ch’l’è ‘n pe,
u smeja cu sea setà.
A di quella qualità, che quando è in piedi,
pare sia seduto.
A l’è svigg cme ‘n quajot.
E’ sveglio come una quaglia.
La taja l’aria col ciapi del cü.
Taglia l’aria con il sedere.
L’ha mangià pòn e m*rda fina ieri.
Ha fatto la fame fino a ieri.
La sà pü ‘ndo purtè ‘l cü.
Si da un mucchio di arie.
Non sa più dove portare il culo.
L’è furtünà cme i còn an ceza.
E’ fortunato cone un cane in chiesa.
La fortuna lo perseguita.
Ad spüsi cme ‘na ridèra.
Puzzi come un letamaio.
A l’ha fina u cèsu ‘n cà.
A persino il gabinetto in casa.
(Lusso riservato a pochissimi in quegl’anni)
Una volta passavo per caso in v. Milazzo e notai due signore che parlottavano tra loro. Poco dopo, ne passò una terza e una delle due che parlottavano, le rivolse un cordialissimo saluto illuminato da un ampio sorriso, ma appena quest’ultima si allontanò, la stessa del saluto disse alla sua interlocutrice: “ A vighti ‘sà chi’le, la fa tònt la fen-na, ma sò fia quònd cu s’è spusaja, l’era pen-na cme ‘na ghina”.(“Vedi quella, fa tanto la sofisticata, ma sua figlia quando si è sposata era piena come una maiala (era incinta)”.
Dalle lontane memorie di
Gianni Regalzi
(El fiò del Bosch e l’anvud du Smoj)
Lisòndria, Nuvember 2005
Alessandria, novembre 2005
(Foto di Roby Novello
dal libro “L'Obiettivo e l'Anima”
Poesie in dialetto di Gianni Regalzi
e Foto d'Arte di Roby Novello)
PERSONAGGI E VECCHI DETTI 'DLA VAL DI RATT
(La valle dei topi) Rione della vecchia Alessandria ormai scomparso
Gòmba ‘d flece. Gamba di fionda.
(Così soprannominato per una protesi di legno,
materiale usato per costruire le fionde “flece”)
Pe ‘d fritüra. Piedi di fegato.
(Aveva i piedi gonfi e viola come il fegato
in dialetto “fritüra)
Trei oss. Tre ossa.
(Persona molto magra)
Di ‘n tèl cü. Dito in c..o.
(Non servono spiegazioni)
Piombo trovato.
(Commerciante di rottami)
C-ücia ‘n ciò. Succhia un chiodo.
(Eternamente affamato)
Maria la titòn. Maria la tettona.
La siura Amalia.
(Rideva sempre)
La madama zibachen. La signora pagnottella.
(Perpetua di Santa Maria di castello che
regalava il panino con il cioccolato ai
ragazzini che facevano la comunione)
Tuniёta la quarant’ani.
(Signora molto anziana che affermava
di avere quarant’anni).
Carten an sèl moli. Carrettino sulle molle.
(Camminava tutto dondolante)
La vaca neira. La vacca nera.
(Portavoce del vecchio regime)
Cü gross. Culo grosso
(Non servono spiegazioni)
Gazia. Gaggia.
(Anziana signora magra e nodosa come una gaggia)
Cul ch’al fa balè la sümmia. Quello che fa ballare la scimmia.
(Caratteristico personaggio della mia infanzia che si
guadagnava da vivere facendo piccoli spettacoli con una
dispettosissima scimmietta.)
Pinott u sacrista. Giuseppe il sacrestano.
(Sacrestano di S. Maria di castello)
I Re del toli. I Re dei bidoni.
(Noti fratelli decoratori molto abili nel sistemare
diversi bidoni (TOLI)di pittura sulle loro
sgangherate biciclette.)
Uanen el bek. Giovanni il corn..o.
Tony u strupi. Antonio il disabile.
El Baby. Il rospo.
Bel ogg. Begl’occhi.
Pinot el mèz chilu. Giuseppe mezzochilo.
A Borgo Rovereto, (la vall di ratt – la valle dei topi) zona di v. Volturno, v. Milazzo, v. S. Ubaldo, v. S. Maria di castello, vicolo Quartieretto e parte di v. Verona erano d’uso alcuni modi di dire, oggi si direbbero frasi fatti, molto colorite ed oggi non più identificabili a nessuna situazione. Tra queste, alcune mi sono rimaste impresse.
Ad smei c-ücià dai plüson.
Sembri succhiato dai parassiti delle galline.
Biònc e russ cme ‘n limunen.
Bianco e rosso come un limone.
At s-ciopi ‘d salüt cme la fiamèla del gaz.
Sei sano come la fiammella del gas. (E’ viola!!!)
A la smeja na rata da cèsu.
Sembra un ratto di fogna.
A j’ho mangià na lever da cup.
Ho mangiato un alepre dei tetti. (Un gatto)
U stà ‘n pe per misericordia.
Si regge in piedi per misericordia.
A l’è ad cula qualità, che quòndi ch’l’è ‘n pe,
u smeja cu sea setà.
A di quella qualità, che quando è in piedi,
pare sia seduto.
A l’è svigg cme ‘n quajot.
E’ sveglio come una quaglia.
La taja l’aria col ciapi del cü.
Taglia l’aria con il sedere.
L’ha mangià pòn e m*rda fina ieri.
Ha fatto la fame fino a ieri.
La sà pü ‘ndo purtè ‘l cü.
Si da un mucchio di arie.
Non sa più dove portare il culo.
L’è furtünà cme i còn an ceza.
E’ fortunato cone un cane in chiesa.
La fortuna lo perseguita.
Ad spüsi cme ‘na ridèra.
Puzzi come un letamaio.
A l’ha fina u cèsu ‘n cà.
A persino il gabinetto in casa.
(Lusso riservato a pochissimi in quegl’anni)
Una volta passavo per caso in v. Milazzo e notai due signore che parlottavano tra loro. Poco dopo, ne passò una terza e una delle due che parlottavano, le rivolse un cordialissimo saluto illuminato da un ampio sorriso, ma appena quest’ultima si allontanò, la stessa del saluto disse alla sua interlocutrice: “ A vighti ‘sà chi’le, la fa tònt la fen-na, ma sò fia quònd cu s’è spusaja, l’era pen-na cme ‘na ghina”.(“Vedi quella, fa tanto la sofisticata, ma sua figlia quando si è sposata era piena come una maiala (era incinta)”.
Dalle lontane memorie di
Gianni Regalzi
(El fiò del Bosch e l’anvud du Smoj)
Lisòndria, Nuvember 2005
Alessandria, novembre 2005
(Foto di Roby Novello
dal libro “L'Obiettivo e l'Anima”
Poesie in dialetto di Gianni Regalzi
e Foto d'Arte di Roby Novello)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
L'ABISSO
Mi son destato all'ombra di un abisso,
soltanto nebbia fitta, neanche in fiore.
Ora il mio tempo è fermo,
la luce è un'illusione,
e dal profondo pozzo urla e lamenti.
Alessandria, 7 Ottobre 2017
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
Mi son destato all'ombra di un abisso,
soltanto nebbia fitta, neanche in fiore.
Ora il mio tempo è fermo,
la luce è un'illusione,
e dal profondo pozzo urla e lamenti.
Alessandria, 7 Ottobre 2017
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
SHOAH
Non è il vostro silenzio
che cancellerà i numeri di fuoco
indelebilmente impressi
sul mio braccio bambino.
Non è il vostro silenzio
che riaccenderà la luce dei miei occhi
accecati dal fumo
denso di urla silenziose.
Non è il vostro silenzio
che ridonerà vigore
alle mie scarne membra
incapaci di muoversi.
Non è il vostro silenzio
che rasserenerà il grido
disperato d’un bimbo
strappato dal petto della madre
straziata dal dolore.
Non è il vostro silenzio,
ma il nostro urlo.
…Per non dimenticare
Alessandria, 27 gennaio 2007 Giorno della Memoria
Gianni Regalzi
(Foto by Wreb)
Traduzione in Portoghese
del mio Grande Amico Joao Francisco Carvalho
SHOAH
Não é o seu silêncio
que vai apagar os números de fogo
indelévelmente gravados
No meu braço bebê.
Não é o seu silêncio
Que vai reacender a luz dos meus olhos.
cegos pelo fumo
Cheio de gritos silenciosos.
Não é o seu silêncio
que vai redondo vigor
aos meus poucos membros
incapazes de se mexer.
Não é o seu silêncio
Que vai tranquilizar o grito
Desesperado por um bebê
rasgado do peito da mãe.
Abalada pela dor.
Não é o seu silêncio,
mas nosso grito.
... Para não esquecer
Alexandria, 27 de janeiro de 2007 Dia da Memória
Gianni Regalzi
(Fotos por Wreb)
Non è il vostro silenzio
che cancellerà i numeri di fuoco
indelebilmente impressi
sul mio braccio bambino.
Non è il vostro silenzio
che riaccenderà la luce dei miei occhi
accecati dal fumo
denso di urla silenziose.
Non è il vostro silenzio
che ridonerà vigore
alle mie scarne membra
incapaci di muoversi.
Non è il vostro silenzio
che rasserenerà il grido
disperato d’un bimbo
strappato dal petto della madre
straziata dal dolore.
Non è il vostro silenzio,
ma il nostro urlo.
…Per non dimenticare
Alessandria, 27 gennaio 2007 Giorno della Memoria
Gianni Regalzi
(Foto by Wreb)
Traduzione in Portoghese
del mio Grande Amico Joao Francisco Carvalho
SHOAH
Não é o seu silêncio
que vai apagar os números de fogo
indelévelmente gravados
No meu braço bebê.
Não é o seu silêncio
Que vai reacender a luz dos meus olhos.
cegos pelo fumo
Cheio de gritos silenciosos.
Não é o seu silêncio
que vai redondo vigor
aos meus poucos membros
incapazes de se mexer.
Não é o seu silêncio
Que vai tranquilizar o grito
Desesperado por um bebê
rasgado do peito da mãe.
Abalada pela dor.
Não é o seu silêncio,
mas nosso grito.
... Para não esquecer
Alexandria, 27 de janeiro de 2007 Dia da Memória
Gianni Regalzi
(Fotos por Wreb)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
FINE DEL VIAGGIO
Nessun picco di gioia,
nemmeno abissi di disperazione,
soltanto muta attesa
innanzi a ciò che apparve in quel momento.
Nel buio un cieco pozzo,
a lato voli d’ala e rose e viole.
Sul pozzo un cielo scuro
e soffocati rantoli dal fondo,
ma sul giardino in fiore
un cielo terso e azzurro come il mare.
Negli occhi miei stupore
e attesa di qualcosa d’infinito..
Un’improvvisa luce
e un urlo cupo come mille tuoni.
Non so che sta accadendo,
nulla m’appare tranne la mia ombra
e un lungo viale fatto a foglie marce.
Alessandria, 10 luglio 2014 (5774)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
(Foto by web)
Nessun picco di gioia,
nemmeno abissi di disperazione,
soltanto muta attesa
innanzi a ciò che apparve in quel momento.
Nel buio un cieco pozzo,
a lato voli d’ala e rose e viole.
Sul pozzo un cielo scuro
e soffocati rantoli dal fondo,
ma sul giardino in fiore
un cielo terso e azzurro come il mare.
Negli occhi miei stupore
e attesa di qualcosa d’infinito..
Un’improvvisa luce
e un urlo cupo come mille tuoni.
Non so che sta accadendo,
nulla m’appare tranne la mia ombra
e un lungo viale fatto a foglie marce.
Alessandria, 10 luglio 2014 (5774)
Gianni Regalzi
(da “Silenzi e Pensieri” dir.ris.)
(Foto by web)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
PRUFŰM ‘D RUZMAREN
U sa sposta la riga
d’ómbra da la miraja
an cula vègia curt cól piònti el fiù.
La va sempre pü anon, a póss nent fermèla,
la smorta pion pianen tücc i culur.
La porta an fónd la curt, ades a l’è saraja
e an s’la galerea a vigh pü anzёn,
u j’è pü el masnà chi giógu còn la bala
e a sent pü el prufüm du ruzmaren.
Na vota cula porta l’era druerta
e u sù u stava an cà tütt la maten,
ma ormai ist’òmbra chi la và pü andrera
e u sù a l’è ammà pü an t’la me ment.
Lisóndria, 15 Genaj 2003
Gianni Regalzi
( El fió del Bosch e l’anvud du Smój )
(Tratto da “L’Obiettivo e l’Anima
Poesie di G. Regalazi
Foto d’Arte di R. Novello)
Traduzione in lingua
PROFUMO DI ROSMARINO
Si sposta la riga d’ombra dal muro
in quel vecchio cortile con alberi e fiori.
Va sempre più avanti, non posso fermarla,
spegne piano piano tutti i colori.
La porta in fondo al cortile, adesso è chiusa
e sul ballatoio non vedo più nessuno,
non ci sono più i bambini che giocano a palla
e non sento più il profumo del rosmarino.
Un tempo quella porta era aperta
e il sole entrava in casa tutto il mattino,
ma adesso quest’ombra non torna più indietro
e il sole è resta soltanto nella mia mente.
(P.S. La traduzione in lingua non segue
la metrica propria dell’originale in dialetto)
U sa sposta la riga
d’ómbra da la miraja
an cula vègia curt cól piònti el fiù.
La va sempre pü anon, a póss nent fermèla,
la smorta pion pianen tücc i culur.
La porta an fónd la curt, ades a l’è saraja
e an s’la galerea a vigh pü anzёn,
u j’è pü el masnà chi giógu còn la bala
e a sent pü el prufüm du ruzmaren.
Na vota cula porta l’era druerta
e u sù u stava an cà tütt la maten,
ma ormai ist’òmbra chi la và pü andrera
e u sù a l’è ammà pü an t’la me ment.
Lisóndria, 15 Genaj 2003
Gianni Regalzi
( El fió del Bosch e l’anvud du Smój )
(Tratto da “L’Obiettivo e l’Anima
Poesie di G. Regalazi
Foto d’Arte di R. Novello)
Traduzione in lingua
PROFUMO DI ROSMARINO
Si sposta la riga d’ombra dal muro
in quel vecchio cortile con alberi e fiori.
Va sempre più avanti, non posso fermarla,
spegne piano piano tutti i colori.
La porta in fondo al cortile, adesso è chiusa
e sul ballatoio non vedo più nessuno,
non ci sono più i bambini che giocano a palla
e non sento più il profumo del rosmarino.
Un tempo quella porta era aperta
e il sole entrava in casa tutto il mattino,
ma adesso quest’ombra non torna più indietro
e il sole è resta soltanto nella mia mente.
(P.S. La traduzione in lingua non segue
la metrica propria dell’originale in dialetto)
-
- Sommo poeta
- Messaggi: 1760
- Iscritto il: 05/09/2008, 11:15
- Località: Alessandria
- Contatta:
Re: Gianni Regalzi
NA SIRA D’ISTA’ AD TONC ANI FA
Mec l’era bèl v. Volturno tònc ani fa, an cul siri d’istà , quònd che ‘l doni, dop avei mangià con tütt la famija e dop avei lavà i piatt, i piavu u scagnёt e as setavu ‘d fòra dai purtòn, l’ёn-na auzen a l’atra.
U j’era Tunieuta la quaront’ani, Lavinia la butièra, Angelina la materasèra, Maria la purtiera d’la curt di Siur e la siura Amalia (ch’ l’arijva semper ).
Chi ch’la fava la maja per l’inver co’l gügi lònghi, chi ch’la chiziva i scapen con l’òvv ad ligna e chi ch’la criticava la sò ausen-na ‘d cà, perchè ui stendiva semper i lansò dadnon a la sò porta.
An popi ‘n la, u j’era j’omi del cantòn: Artemio u drughè, Aristide u savaten, Stevu ‘l verdiré, Giuseppe ‘l carbunen, Pipu ‘l prüchè, Palen cul del ven e i fradè Luigi, Pietro, Giulio e Mario ch’i favu i bianchen.
J’omi, ad solit i stavu per sò chёnt, tüc con auzen el butigliòn. I parlavu ad cacia, ad pёsca e del mudifichi cu j’era da fè an sel bicicleuti per pudei cariè pü toli ad causen-na.
U temp al pasava, i butigliòn semper pü vòi e ‘l discussiòn semper pü còudi.
I cmensavu da che chigiaren drubè per ciapè pü quajaster e inevitabilment j’andavu a finì a cul bastard del padròn d’la fabbrica, cu ten tütt per lü e al fa mòri ad fam i sò uperai. I cmensavo con l’esaltè el qualità d’in con da cacia, e j’andavu a finì puntualizonda, che l’aument d’la delinquensa l’era culpa ad cula “pitana d’la Merlin” ch’l’ha facc sarè i cazen.
Ormai i butigliòn j’ero vòi e j’ògg semper pü lücid: l’era ura d’andè a drumì. El doni s’anviaravu ciamonda j’omi e dindji ‘d piantèla le ‘d criè, che antont an sacocia u j’andava a finì propi niente.
U ciar d’la lёn-na al culurva d’argent el miraji del cà, i rundòn vulònda bass j’andavu an ti sò ni, cuca rataròula sbariuaja la girava cme na ciuca e, d’anfònd ‘d via Volturno us sentiva Zocula el panaté che ciflònda l’andava an tù sò furn e ‘l cmensava a travajè.
Lisòndria, 29 Nuvemvber 2002
Gianni Regalzi
(El fió del Bosch e l’anvud du Smój)
(da “L’Obiettivo e l’Anima”
Poesie di G. Regalzi)
TRADUZIONE dell’Autore
UNA SERA D’ESTATA DI TANTI ANNI FA’
Come era bello v. Volturno tanti anni fa, in quelle sere d’estate, quando le donne, dopo aver cenato con tutta la famiglia ed aver sbrigato le faccende domestiche, si sedevano sui loro sgabelli fuori dai cortili l’una accanto all’altra.
C’era Antonietta soprannominata la quarant’enne (nonostante la sua veneranda età, asseriva di avere quaranta anni), Lavinia la bottegaia, Maria la portinaia di casa Pittaluga e la Sig.ra Amalia che rideva sempre.
Chi lavorava a maglia, chi cuciva i calzini con l’uovo di legno e chi criticava la sua vicina di ringhiera perché stendeva sempre le lenzuola davanti alla sua porta.
Gli uomini erano seduti per conto loro; Artemio il droghiere, Aristide il calzolaio, Stefano il verduriere, Giuseppe il carbonaio, Pippo il barbiere, Paolino il vinaio e Luigi, Pietro, Giulio e Mario, i fratelli decoratori.
I bottiglioni di vino non mancavano mai. Parlavano di caccia, di pesca e delle modifiche da apportare alle loro biciclette per renderle più idonee al trasporto delle merci.
Il tempo passava, i bottiglioni sempre più vuoti e le discussioni sempre più accalorate.
Si cominciava a discutere su quale esca adottare per catturare più cavedani e inevitabilmente si arrivava ad inveire contro al padrone della fabbrica che non da’ l’aumento ai suoi operai. Si iniziava con l’esaltare le qualità dei loro cani da caccia e, con estrema naturalezza si arrivava ad asserire che la responsabilità dell’aumento della delinquenza era da attribuire alla senatrice Merlin che aveva imposto la chiusura delle case di tolleranza.
I bottiglioni erano ormai vuoti e gli occhi sempre più rossi; era l’ora di rientrare in casa.
La luna dipingeva d’argento i muri delle case, i rondoni volando a cerchio si rifugiavano nei loro nidi, qualche pipistrello girava a zic-zac e, dal fondo di v. Volturno, Zoccola il panettiere fischiando, raggiungeva il suo forno per incominciare a lavorare.
Traduzione in portoghese del mio Amico João Francesco Carvalho
UMA NOITE DE VERÃO DE MUITOS ANOS ATRÁS.
Como era bom v. Volturno há muitos anos, naquelas noites de verão, quando as mulheres, depois de jantarem com toda a família e fazerem as tarefas domésticas, sentavam-se em seus bancos fora dos pátios umas das outras.
Havia Antonieta apelidada de anos (apesar de sua veneranda idade, alegava ter quarenta anos), Lavínia a oficina, Maria a porteira da casa Pittaluga e Sr. A Amália sempre riu.
Quem malhava, costurava meias com ovo de madeira e criticava sua vizinha de corrimão porque sempre estendia os lençóis na porta.
Os homens estavam sentados por conta deles; Artemio, o drogueiro, Aristide, o sapateiro, Stefano, o verdureiro, José, o carboneiro, o barbeiro, Paulino, o vineiro e Luís, Pedro, Júlio e Mario, os irmãos decoradores.
Garrafas de vinho nunca faltam. Eles falavam de caça, pesca e modificações nas suas bicicletas para torná-las mais aptas para o transporte de mercadorias.
O tempo passava, os frascos cada vez mais vazios e as discussões cada vez mais aconchegadas.
Começava-se a discutir qual isca adotar para capturar mais cavedanos e inevitavelmente chegava a envelhecer contra o dono da fábrica que não dá o aumento aos seus operários. Começava-se com a exaltação das qualidades dos seus cães de caça e, com extrema naturalidade, chegava-se a dizer que a responsabilidade pelo aumento da delinquência era atribuída à Senadora Merlin que impôs o fechamento das casas de tolerância.
Os frascos estavam vazios e os olhos cada vez mais vermelhos; era hora de voltar para casa.
A lua pintava de prata as paredes das casas, os rondons voando em círculos se refugiavam em seus ninhos, alguns morcegos andavam em zic-zac e, do fundo de v. Volturno, Zoccola o padeiro assobiando, chegava ao forno para começar a trabalhar.
Mec l’era bèl v. Volturno tònc ani fa, an cul siri d’istà , quònd che ‘l doni, dop avei mangià con tütt la famija e dop avei lavà i piatt, i piavu u scagnёt e as setavu ‘d fòra dai purtòn, l’ёn-na auzen a l’atra.
U j’era Tunieuta la quaront’ani, Lavinia la butièra, Angelina la materasèra, Maria la purtiera d’la curt di Siur e la siura Amalia (ch’ l’arijva semper ).
Chi ch’la fava la maja per l’inver co’l gügi lònghi, chi ch’la chiziva i scapen con l’òvv ad ligna e chi ch’la criticava la sò ausen-na ‘d cà, perchè ui stendiva semper i lansò dadnon a la sò porta.
An popi ‘n la, u j’era j’omi del cantòn: Artemio u drughè, Aristide u savaten, Stevu ‘l verdiré, Giuseppe ‘l carbunen, Pipu ‘l prüchè, Palen cul del ven e i fradè Luigi, Pietro, Giulio e Mario ch’i favu i bianchen.
J’omi, ad solit i stavu per sò chёnt, tüc con auzen el butigliòn. I parlavu ad cacia, ad pёsca e del mudifichi cu j’era da fè an sel bicicleuti per pudei cariè pü toli ad causen-na.
U temp al pasava, i butigliòn semper pü vòi e ‘l discussiòn semper pü còudi.
I cmensavu da che chigiaren drubè per ciapè pü quajaster e inevitabilment j’andavu a finì a cul bastard del padròn d’la fabbrica, cu ten tütt per lü e al fa mòri ad fam i sò uperai. I cmensavo con l’esaltè el qualità d’in con da cacia, e j’andavu a finì puntualizonda, che l’aument d’la delinquensa l’era culpa ad cula “pitana d’la Merlin” ch’l’ha facc sarè i cazen.
Ormai i butigliòn j’ero vòi e j’ògg semper pü lücid: l’era ura d’andè a drumì. El doni s’anviaravu ciamonda j’omi e dindji ‘d piantèla le ‘d criè, che antont an sacocia u j’andava a finì propi niente.
U ciar d’la lёn-na al culurva d’argent el miraji del cà, i rundòn vulònda bass j’andavu an ti sò ni, cuca rataròula sbariuaja la girava cme na ciuca e, d’anfònd ‘d via Volturno us sentiva Zocula el panaté che ciflònda l’andava an tù sò furn e ‘l cmensava a travajè.
Lisòndria, 29 Nuvemvber 2002
Gianni Regalzi
(El fió del Bosch e l’anvud du Smój)
(da “L’Obiettivo e l’Anima”
Poesie di G. Regalzi)
TRADUZIONE dell’Autore
UNA SERA D’ESTATA DI TANTI ANNI FA’
Come era bello v. Volturno tanti anni fa, in quelle sere d’estate, quando le donne, dopo aver cenato con tutta la famiglia ed aver sbrigato le faccende domestiche, si sedevano sui loro sgabelli fuori dai cortili l’una accanto all’altra.
C’era Antonietta soprannominata la quarant’enne (nonostante la sua veneranda età, asseriva di avere quaranta anni), Lavinia la bottegaia, Maria la portinaia di casa Pittaluga e la Sig.ra Amalia che rideva sempre.
Chi lavorava a maglia, chi cuciva i calzini con l’uovo di legno e chi criticava la sua vicina di ringhiera perché stendeva sempre le lenzuola davanti alla sua porta.
Gli uomini erano seduti per conto loro; Artemio il droghiere, Aristide il calzolaio, Stefano il verduriere, Giuseppe il carbonaio, Pippo il barbiere, Paolino il vinaio e Luigi, Pietro, Giulio e Mario, i fratelli decoratori.
I bottiglioni di vino non mancavano mai. Parlavano di caccia, di pesca e delle modifiche da apportare alle loro biciclette per renderle più idonee al trasporto delle merci.
Il tempo passava, i bottiglioni sempre più vuoti e le discussioni sempre più accalorate.
Si cominciava a discutere su quale esca adottare per catturare più cavedani e inevitabilmente si arrivava ad inveire contro al padrone della fabbrica che non da’ l’aumento ai suoi operai. Si iniziava con l’esaltare le qualità dei loro cani da caccia e, con estrema naturalezza si arrivava ad asserire che la responsabilità dell’aumento della delinquenza era da attribuire alla senatrice Merlin che aveva imposto la chiusura delle case di tolleranza.
I bottiglioni erano ormai vuoti e gli occhi sempre più rossi; era l’ora di rientrare in casa.
La luna dipingeva d’argento i muri delle case, i rondoni volando a cerchio si rifugiavano nei loro nidi, qualche pipistrello girava a zic-zac e, dal fondo di v. Volturno, Zoccola il panettiere fischiando, raggiungeva il suo forno per incominciare a lavorare.
Traduzione in portoghese del mio Amico João Francesco Carvalho
UMA NOITE DE VERÃO DE MUITOS ANOS ATRÁS.
Como era bom v. Volturno há muitos anos, naquelas noites de verão, quando as mulheres, depois de jantarem com toda a família e fazerem as tarefas domésticas, sentavam-se em seus bancos fora dos pátios umas das outras.
Havia Antonieta apelidada de anos (apesar de sua veneranda idade, alegava ter quarenta anos), Lavínia a oficina, Maria a porteira da casa Pittaluga e Sr. A Amália sempre riu.
Quem malhava, costurava meias com ovo de madeira e criticava sua vizinha de corrimão porque sempre estendia os lençóis na porta.
Os homens estavam sentados por conta deles; Artemio, o drogueiro, Aristide, o sapateiro, Stefano, o verdureiro, José, o carboneiro, o barbeiro, Paulino, o vineiro e Luís, Pedro, Júlio e Mario, os irmãos decoradores.
Garrafas de vinho nunca faltam. Eles falavam de caça, pesca e modificações nas suas bicicletas para torná-las mais aptas para o transporte de mercadorias.
O tempo passava, os frascos cada vez mais vazios e as discussões cada vez mais aconchegadas.
Começava-se a discutir qual isca adotar para capturar mais cavedanos e inevitavelmente chegava a envelhecer contra o dono da fábrica que não dá o aumento aos seus operários. Começava-se com a exaltação das qualidades dos seus cães de caça e, com extrema naturalidade, chegava-se a dizer que a responsabilidade pelo aumento da delinquência era atribuída à Senadora Merlin que impôs o fechamento das casas de tolerância.
Os frascos estavam vazios e os olhos cada vez mais vermelhos; era hora de voltar para casa.
A lua pintava de prata as paredes das casas, os rondons voando em círculos se refugiavam em seus ninhos, alguns morcegos andavam em zic-zac e, do fundo de v. Volturno, Zoccola o padeiro assobiando, chegava ao forno para começar a trabalhar.