STAGIONE
La ruggine è la maturazione, la ruggine,
E l’appassito pennacchio del grano;
Il polline è compagno d’accoppiamento quando le rondini
Intessono una danza
Di frecce piumate
Gambi filati di grano in alate
Striature di luce. E, amavamo sentire
Le frasi giuntate dal vento, sentire
Stridii nei campi, dove le foglie di grano
Penetrano come schegge di bambù.
Ora, raccoglitori noi
Aspettando la ruggine sui fiocchi, disegniamo
Lunghe ombre nella semioscurità, intrecciamo
Secche coperture di paglia fra il fumo del legno. Gambi carichi
Cavalcano la decadenza del germe – noi aspettiamo
La promessa della ruggine.
_________________________________________
ABIKU
Bambino girovago. Si tratta dello stesso bambino
che muore e ritorna ancora e ancora ad assillare
la madre – credenza Yoruba.
Invano i tuoi bracciali disegnano
Cerchi incantati ai miei piedi
Io sono Abiku, sto chiamando per la prima
E ripetuta volta.
Devo forse piangere per capre e cipree
Per oli di palma e la cenere sparsa?
Le patate non spuntano negli amuleti
Per interrare le membra di Abiku.
Così quando la chiocciola è cremata nel suo guscio,
Affila il frammento riscaldato, marchiami
Profondamente sul petto – devi conoscerlo
Quando Abiku chiama di nuovo.
Io sono i denti dello scoiattolo, incrinato
Il labirinto del palmo; ricordati di
Ciò, e affondami ancora sempre più giù nel
Piede gonfio di dio.
Una volta e per il tempo ripetuto, senza età
Tuttavia vomito, e quando versi
Libagioni, ogni dito mi punta accanto
Alla strada da cui sono venuto, dove
Il terreno è bagnato dal pianto
Bianca rugiada allatta uccelli di carne
La sera stringe amicizia con il ragno, intrappolando
Le mosche in spuma di vino;
Notte, e Abiku succhia il petrolio
Dalle lampade. Madri! Sarò
Il serpente supplicante avvolto sull’uscio
Tuo il pianto assassino.
Il frutto più maturo era afflitto;
Là dove avanzavo, il calore era stucchevole.
Nel silenzio delle reti, Abiku geme, delineando
Montagnole nel tuorlo.
Wole Soyinka
nigeriano yoruba, classe 1934, premio Nobel per la Letteratura nel 1986, è una delle voci più potenti dell’Africa
Wole Soyinka
Moderatori: Luca Necciai, ito nami
Wole Soyinka
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Re: Wole Soyinka
Massacro, ottobre 1966
Schegge di sole mi raggiungono
sminuzzate dai salici. Il lago esplode
in frammenti di vetrata – io cerco
una mente nel limo
gelido immobile il lago
nuoto nel flusso ottobrino di foglie morte
lavoro di giardinieri sparso in saggi rotoli
che inscrivono il vento
come spiccate da un quadro
le onde irridono questo falso idillio
cammino sulle ghiande; ogni guscio che detona
scimmiotta la singolarità di un cranio.
Un pensiero affilato:
questa leccornia per maiali non ammonta a molto
mentre mozza le teste il turbine
che per poco ho scampato
dalla quercia ne piovono altre cento
dolce inganno all’aritmetica di morte:
è tempo di guardare lo sgombero autunnale
che spolvera dipinti rari
perché un deciso grido di passione salga
allo scoiattolo, luce brunita pelliccia di rame
posa distante senza i rosoni del lago
e per uno straniero, amore.
Mucchio di ghiande cadute in silenzio
come in silenzio stanno coloro, le cui risate
salivano per strade indifferenti, oh Dio
non tutti sono stranieri
quelli che irridono e profanano la parola
di pace – salam aleikun – né straniero è nessuno
fra le migliaia di cervelli schiacciati in mangime per maiali –
fuggite il porco bestia immonda – urla il sacerdote.
Mi presta le stagioni una terra straniera,
sorella di sventura, intorno a me l’orgoglio di una razza
sparsa in schegge di luce. Mi si presta una terra straniera
per tenere le stagioni della mente.
_____________________________________________
Ujamaa
(per Julius Nyerere*)
Il sudore è lievito per la terra
non tributo. La terra sazia non chiede
omaggi al sudore della fronte.
Il sudore è lievito per la terra
non omaggio forzoso a un arroccato dio.
Le mani nere della terra liberano
speranza dai messaggeri di morte, dagli
incestuosi cinantropi più sinistri
della Sinistra Mietitrice, insaziati
predatori di olocausti umani.
Il sudore è lievito, pane, Ujamaa
pane della terra, dalla terra
per la terra. La terra è tutto il popolo.
[ ]* Julius Nyerere (1922-1999), Primo ministro del Tanganika (poi Tanzania) dal 1964 al 1985, creò l’ideologia della “ujamaa” (letteralmente “famiglia estesa”), presentandola come via africana al socialismo. Nyerere è una figura molto discussa, secondo alcuni un autocrate, secondo altri un benefattore del suo popolo. La sua politica, comunque, si rivelò fallimentare e alla sua uscita di scena la Tanzania era uno degli stati africani più poveri.[/i]
Schegge di sole mi raggiungono
sminuzzate dai salici. Il lago esplode
in frammenti di vetrata – io cerco
una mente nel limo
gelido immobile il lago
nuoto nel flusso ottobrino di foglie morte
lavoro di giardinieri sparso in saggi rotoli
che inscrivono il vento
come spiccate da un quadro
le onde irridono questo falso idillio
cammino sulle ghiande; ogni guscio che detona
scimmiotta la singolarità di un cranio.
Un pensiero affilato:
questa leccornia per maiali non ammonta a molto
mentre mozza le teste il turbine
che per poco ho scampato
dalla quercia ne piovono altre cento
dolce inganno all’aritmetica di morte:
è tempo di guardare lo sgombero autunnale
che spolvera dipinti rari
perché un deciso grido di passione salga
allo scoiattolo, luce brunita pelliccia di rame
posa distante senza i rosoni del lago
e per uno straniero, amore.
Mucchio di ghiande cadute in silenzio
come in silenzio stanno coloro, le cui risate
salivano per strade indifferenti, oh Dio
non tutti sono stranieri
quelli che irridono e profanano la parola
di pace – salam aleikun – né straniero è nessuno
fra le migliaia di cervelli schiacciati in mangime per maiali –
fuggite il porco bestia immonda – urla il sacerdote.
Mi presta le stagioni una terra straniera,
sorella di sventura, intorno a me l’orgoglio di una razza
sparsa in schegge di luce. Mi si presta una terra straniera
per tenere le stagioni della mente.
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Ujamaa
(per Julius Nyerere*)
Il sudore è lievito per la terra
non tributo. La terra sazia non chiede
omaggi al sudore della fronte.
Il sudore è lievito per la terra
non omaggio forzoso a un arroccato dio.
Le mani nere della terra liberano
speranza dai messaggeri di morte, dagli
incestuosi cinantropi più sinistri
della Sinistra Mietitrice, insaziati
predatori di olocausti umani.
Il sudore è lievito, pane, Ujamaa
pane della terra, dalla terra
per la terra. La terra è tutto il popolo.
[ ]* Julius Nyerere (1922-1999), Primo ministro del Tanganika (poi Tanzania) dal 1964 al 1985, creò l’ideologia della “ujamaa” (letteralmente “famiglia estesa”), presentandola come via africana al socialismo. Nyerere è una figura molto discussa, secondo alcuni un autocrate, secondo altri un benefattore del suo popolo. La sua politica, comunque, si rivelò fallimentare e alla sua uscita di scena la Tanzania era uno degli stati africani più poveri.[/i]
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Re: Wole Soyinka
MIGRAZIONI
Ci sarà il sole? O la pioggia ? O nevischio?
madido come il sorriso posticcio del doganiere?
Dove mi vomiterà l’ultimo tunnel
Anfibio ? Nessuno sa il mio nome.
Tante mani attendono la prima
rimessa, a casa. Ci sarà?
Il domani viene e va, giorni da relitti di spiaggia.
Forse mi indosserai alghe cucite
su falsi di stilisti , con marche invisibili:
fabbriche in nero. O souvenir sgargianti, distanti
ma che ci legano, manufatti migranti, rolex
contraffatti, l’uno con l’altro, su marciapiedi
senza volto. I tappeti invogliano ma
nessuna scritta dice: BENVENUTI.
Conchiglie di ciprea, coralli, scogliere di gesso.
Tutti una cosa sola al margine degli elementi.
Banchi di sabbia seguono i miei passi. Banchi di sabbia
di deserto, di sindoni incise dal fondo marino,
poiché alcuni se ne sono andati così, prima di ricevere
una risposta – Ci sarà il sole?
O la pioggia ? Siamo approdati alla baia dei sogni.
******************************************************************************
Wole Soyinka, pseudonimo di Akinwande Oluwole Soyinka (Abeokuta, 13 luglio 1934), è un drammaturgo, poeta, scrittore e saggista nigeriano, considerato uno dei più importanti esponenti della letteratura dell’Africa sub-sahariana, nonché il maggiore drammaturgo africano. Nel 1986 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura.
Ha compiuto gli studi universitari a Ibadan e a Leeds, in Inghilterra, dove ha conseguito il Ph.D. nel 1973. Dopo due anni al Royal Court Theatre di Londra come drammaturgo, nel 1960 è rientrato in Nigeria, dove ha iniziato ad insegnare letteratura e teatro in diverse università e ha fondato il gruppo teatrale “Le maschere 1960”. Nel 1964 ha creato la compagnia “Teatro Orisun” con la quale ha messo in scena anche le proprie opere. Nel 1965 ha pubblicato il primo romanzo, scritto in inglese, Gli interpreti.
Nel corso della guerra civile nigeriana, viene incarcerato dal 1967 al 1969 per un articolo in cui chiedeva un cessate il fuoco. La sua esperienza in cella di isolamento è narrata in L’uomo è morto.
Ancor più che per la narrativa e la saggistica, Wole Soyinka si è affermato in Africa e in Occidente attraverso il teatro e la poesia. In particolare, è noto per aver rivalutato il teatro della tradizione nigeriana e la “folk opera Yoruba”. Ha scritto oltre venti drammi e commedie e ha adattato in un contesto africano Le Baccanti di Euripide, L’opera da tre soldi di Brecht, I negri di Genet. Fra i suoi lavori teatrali figurano: Il leone e la perla, Pazzi e specialisti, La morte e il cavaliere del Re, Danza della foresta, La strada, Il raccolto di Kongi. Fra le sue raccolte poetiche: Idanre and Other Poems; A Shuttle in the Crypt; Ogun Abibiman (it. 1992); Mandela’s Earth and Other Poems.
Ha insegnato in numerose università, fra cui Yale, Cornell, Harvard, Sheffield e Cambridge, ed è membro delle più prestigiose associazioni letterarie internazionali. Ha ricevuto diversi riconoscimenti in tutto il mondo e il premio Nobel per la letteratura nel 1986.
Perseguitato e condannato a morte dal dittatore nigeriano Sani Abacha, Soyinka vive ora negli Stati Uniti.
Questa sua poesia inedita è tratta da “Il Sole 24 Ore”/Festival di Lagos
Ci sarà il sole? O la pioggia ? O nevischio?
madido come il sorriso posticcio del doganiere?
Dove mi vomiterà l’ultimo tunnel
Anfibio ? Nessuno sa il mio nome.
Tante mani attendono la prima
rimessa, a casa. Ci sarà?
Il domani viene e va, giorni da relitti di spiaggia.
Forse mi indosserai alghe cucite
su falsi di stilisti , con marche invisibili:
fabbriche in nero. O souvenir sgargianti, distanti
ma che ci legano, manufatti migranti, rolex
contraffatti, l’uno con l’altro, su marciapiedi
senza volto. I tappeti invogliano ma
nessuna scritta dice: BENVENUTI.
Conchiglie di ciprea, coralli, scogliere di gesso.
Tutti una cosa sola al margine degli elementi.
Banchi di sabbia seguono i miei passi. Banchi di sabbia
di deserto, di sindoni incise dal fondo marino,
poiché alcuni se ne sono andati così, prima di ricevere
una risposta – Ci sarà il sole?
O la pioggia ? Siamo approdati alla baia dei sogni.
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Wole Soyinka, pseudonimo di Akinwande Oluwole Soyinka (Abeokuta, 13 luglio 1934), è un drammaturgo, poeta, scrittore e saggista nigeriano, considerato uno dei più importanti esponenti della letteratura dell’Africa sub-sahariana, nonché il maggiore drammaturgo africano. Nel 1986 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura.
Ha compiuto gli studi universitari a Ibadan e a Leeds, in Inghilterra, dove ha conseguito il Ph.D. nel 1973. Dopo due anni al Royal Court Theatre di Londra come drammaturgo, nel 1960 è rientrato in Nigeria, dove ha iniziato ad insegnare letteratura e teatro in diverse università e ha fondato il gruppo teatrale “Le maschere 1960”. Nel 1964 ha creato la compagnia “Teatro Orisun” con la quale ha messo in scena anche le proprie opere. Nel 1965 ha pubblicato il primo romanzo, scritto in inglese, Gli interpreti.
Nel corso della guerra civile nigeriana, viene incarcerato dal 1967 al 1969 per un articolo in cui chiedeva un cessate il fuoco. La sua esperienza in cella di isolamento è narrata in L’uomo è morto.
Ancor più che per la narrativa e la saggistica, Wole Soyinka si è affermato in Africa e in Occidente attraverso il teatro e la poesia. In particolare, è noto per aver rivalutato il teatro della tradizione nigeriana e la “folk opera Yoruba”. Ha scritto oltre venti drammi e commedie e ha adattato in un contesto africano Le Baccanti di Euripide, L’opera da tre soldi di Brecht, I negri di Genet. Fra i suoi lavori teatrali figurano: Il leone e la perla, Pazzi e specialisti, La morte e il cavaliere del Re, Danza della foresta, La strada, Il raccolto di Kongi. Fra le sue raccolte poetiche: Idanre and Other Poems; A Shuttle in the Crypt; Ogun Abibiman (it. 1992); Mandela’s Earth and Other Poems.
Ha insegnato in numerose università, fra cui Yale, Cornell, Harvard, Sheffield e Cambridge, ed è membro delle più prestigiose associazioni letterarie internazionali. Ha ricevuto diversi riconoscimenti in tutto il mondo e il premio Nobel per la letteratura nel 1986.
Perseguitato e condannato a morte dal dittatore nigeriano Sani Abacha, Soyinka vive ora negli Stati Uniti.
Questa sua poesia inedita è tratta da “Il Sole 24 Ore”/Festival di Lagos
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