Wole Soyinka
Inviato: 24/12/2019, 19:20
STAGIONE
La ruggine è la maturazione, la ruggine,
E l’appassito pennacchio del grano;
Il polline è compagno d’accoppiamento quando le rondini
Intessono una danza
Di frecce piumate
Gambi filati di grano in alate
Striature di luce. E, amavamo sentire
Le frasi giuntate dal vento, sentire
Stridii nei campi, dove le foglie di grano
Penetrano come schegge di bambù.
Ora, raccoglitori noi
Aspettando la ruggine sui fiocchi, disegniamo
Lunghe ombre nella semioscurità, intrecciamo
Secche coperture di paglia fra il fumo del legno. Gambi carichi
Cavalcano la decadenza del germe – noi aspettiamo
La promessa della ruggine.
_________________________________________
ABIKU
Bambino girovago. Si tratta dello stesso bambino
che muore e ritorna ancora e ancora ad assillare
la madre – credenza Yoruba.
Invano i tuoi bracciali disegnano
Cerchi incantati ai miei piedi
Io sono Abiku, sto chiamando per la prima
E ripetuta volta.
Devo forse piangere per capre e cipree
Per oli di palma e la cenere sparsa?
Le patate non spuntano negli amuleti
Per interrare le membra di Abiku.
Così quando la chiocciola è cremata nel suo guscio,
Affila il frammento riscaldato, marchiami
Profondamente sul petto – devi conoscerlo
Quando Abiku chiama di nuovo.
Io sono i denti dello scoiattolo, incrinato
Il labirinto del palmo; ricordati di
Ciò, e affondami ancora sempre più giù nel
Piede gonfio di dio.
Una volta e per il tempo ripetuto, senza età
Tuttavia vomito, e quando versi
Libagioni, ogni dito mi punta accanto
Alla strada da cui sono venuto, dove
Il terreno è bagnato dal pianto
Bianca rugiada allatta uccelli di carne
La sera stringe amicizia con il ragno, intrappolando
Le mosche in spuma di vino;
Notte, e Abiku succhia il petrolio
Dalle lampade. Madri! Sarò
Il serpente supplicante avvolto sull’uscio
Tuo il pianto assassino.
Il frutto più maturo era afflitto;
Là dove avanzavo, il calore era stucchevole.
Nel silenzio delle reti, Abiku geme, delineando
Montagnole nel tuorlo.
Wole Soyinka
nigeriano yoruba, classe 1934, premio Nobel per la Letteratura nel 1986, è una delle voci più potenti dell’Africa
La ruggine è la maturazione, la ruggine,
E l’appassito pennacchio del grano;
Il polline è compagno d’accoppiamento quando le rondini
Intessono una danza
Di frecce piumate
Gambi filati di grano in alate
Striature di luce. E, amavamo sentire
Le frasi giuntate dal vento, sentire
Stridii nei campi, dove le foglie di grano
Penetrano come schegge di bambù.
Ora, raccoglitori noi
Aspettando la ruggine sui fiocchi, disegniamo
Lunghe ombre nella semioscurità, intrecciamo
Secche coperture di paglia fra il fumo del legno. Gambi carichi
Cavalcano la decadenza del germe – noi aspettiamo
La promessa della ruggine.
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ABIKU
Bambino girovago. Si tratta dello stesso bambino
che muore e ritorna ancora e ancora ad assillare
la madre – credenza Yoruba.
Invano i tuoi bracciali disegnano
Cerchi incantati ai miei piedi
Io sono Abiku, sto chiamando per la prima
E ripetuta volta.
Devo forse piangere per capre e cipree
Per oli di palma e la cenere sparsa?
Le patate non spuntano negli amuleti
Per interrare le membra di Abiku.
Così quando la chiocciola è cremata nel suo guscio,
Affila il frammento riscaldato, marchiami
Profondamente sul petto – devi conoscerlo
Quando Abiku chiama di nuovo.
Io sono i denti dello scoiattolo, incrinato
Il labirinto del palmo; ricordati di
Ciò, e affondami ancora sempre più giù nel
Piede gonfio di dio.
Una volta e per il tempo ripetuto, senza età
Tuttavia vomito, e quando versi
Libagioni, ogni dito mi punta accanto
Alla strada da cui sono venuto, dove
Il terreno è bagnato dal pianto
Bianca rugiada allatta uccelli di carne
La sera stringe amicizia con il ragno, intrappolando
Le mosche in spuma di vino;
Notte, e Abiku succhia il petrolio
Dalle lampade. Madri! Sarò
Il serpente supplicante avvolto sull’uscio
Tuo il pianto assassino.
Il frutto più maturo era afflitto;
Là dove avanzavo, il calore era stucchevole.
Nel silenzio delle reti, Abiku geme, delineando
Montagnole nel tuorlo.
Wole Soyinka
nigeriano yoruba, classe 1934, premio Nobel per la Letteratura nel 1986, è una delle voci più potenti dell’Africa