Alvaro Mutis

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Mila
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Alvaro Mutis

Messaggio da Mila »

Citta' del Messico, 23 set. (Adnkronos/Dpa) -
Il romanziere e poeta colombiano Alvaro Mutis e' morto ieri, a 90 anni, nell'Istituto Nazionale di Cardiologia di Citta' del Messico per un problema cardiorespiratorio. Lo ha reso noto la moglie, Carmen Miracle.
Nel 2001 Mutis aveva ricevuto il Premio Cervantes e nel 1997 aveva vinto due importanti premi della letteratura americana: il Principe delle Asturie e il Regina Sofia di Poesia.




Amen

Che la morte ti accolga
con tutti i tuoi sogni intatti.
Di ritorno da una furiosa adolescenza,
all'inizio delle vacanze che non ti hanno mai concesso,
la morte t’individuerà con un suo primo avviso.
Aprirà i tuoi occhi alle sue vaste acque,
t’inizierà nella sua brezza costante d'altro mondo.
La morte confonderà i tuoi sogni
e in essi riconoscerà i segni
da lei lasciati un tempo,
come un cacciatore che di ritorno
riconosce le sue tracce sull'aperto sentiero.

(traduzione di Martha Canfield)

Amén

Que te acoja la muerte
con todos tus sueños intactos.
Al retorno de una furiosa adolescencia,
al comienzo de las vacaciones que nunca te dieron,
te distinguirá la muerte con su primer aviso.
Te abrirá los ojos a sus grandes aguas,
te iniciará en su constante brisa de otro mundo.
La muerte se confundirá con tus sueños
y en ellos reconocerá los signos
que antaño fuera dejando,
como un cazador que a su regreso
reconoce sus marcas en la brecha.


(da Los trabajos perdidos, Le opere perdute)
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Luca Necciai
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Re: Alvaro Mutis

Messaggio da Luca Necciai »

"smisurata preghiera"
Desmedida Plegaria (De'André-Fossati su testo di Mutis)

Presentata su YOUTUBE


Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità

Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie

Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria

col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità

per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità

ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere
[img]http://www.danasoft.com/sig/ilNek.jpg[/img]
Luca Necciai
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Re: Alvaro Mutis

Messaggio da Mila »

Delle bestie

Create le bestie!
Inventate la loro storia. Affilate i loro grandi artigli.
Temperate i loro becchi curvi e tenaci. Date loro un itinerario calcolato e sicuro.

Ah, chi non conserva un bestiario per arricchire determinati momenti e affinché serva come compagnia per il futuro!

Estendiamo il dominio delle bestie.
Che comincino ad entrare nelle città, che costruiscano il loro rifugio negli edifici bombardati, nelle fogne straripate, nelle torri inutili che commemorano date dimenticate.
Entriamo nel regno delle bestie. Dal loro prestigio dipende la nostra vita.
Loro apriranno le nostre migliori ferite.

(da “Prime poesie”)



_______________________________________________

Qui non viene data integralmente la preghiera di Maqroll il Gabbiere.
Abbiamo riunito solo alcune delle sue parti più salienti il cui uso quotidiano raccomandiamo ai nostri amici come antidoto efficace contro l’incredulità e la gioia immotivata.


Diceva Maqroll il Gabbiere:

Signore, perseguita gli adoratori del serpente lascivo!
Fa che tutti concepiscano il mio corpo come una fonte
inesauribile della tua infamia.
Signore, secca i pozzi che stanno in mezzo al mare dove i
pesci copulano senza riuscire a riprodursi.
Lava i cortili delle caserme e vigila sui neri peccati della
sentinella. Genera, Signore, nei cavalli l’ira delle tue
parole e il dolore di vecchie donne senza pietà.
Smembra le bambole.
Illumina la stanza del pagliaccio. Oh Signore!
Perché infondi quell’impudico sorriso di piacere nella
sfinge di stracci che predica nella sala d’aspetto?
Perché hai tolto ai ciechi il bastone con cui laceravano la
densa felpa del desiderio che li assedia e li sorprende
nelle tenebre?
Perché impedisci alla selva di entrare nei giardini e di
divorare i sentieri di sabbia percorsi nelle sere di festa
dagli incestuosi, dagli amanti attardati?
Con la tua barba da assiro e le tue mani callose, presiedi,
Oh fecondissimo! la benedizione delle piscine
pubbliche e il conseguente bagno degli adolescenti
senza peccato.
Oh signore! accogli le preghiere di questo scrutatore
supplicante e concedigli la grazia di morire avvolto
nella polvere delle città, addossato alle gradinate di
una casa infame e illuminato da tutte le stelle del
firmamento.
Ricorda Signore, che il tuo servo ha osservato pazientemente
le leggi del branco. Non dimenticare il suo volto.
Amen.

(da “Gli elementi del disastro”)
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Mila
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Re: Alvaro Mutis

Messaggio da Mila »

La paura


Bandiera d'impiccati, contrassegno di barili, capitana della disperazione, bidello di sodomia, sandolo oscuro che al calare della sera raggiunge la mia amaca.
E' allora che la paura fa il suo ingresso.
Passo dopo passo la notte va raffreddando i tetti di zinco, le cascate, le cinghie delle macchine, i fondi acri di miele impoverito.
Tutto infine soggiace al suo astuto dominio. Fino al terrazzo sale l'odore marcio del giorno.
Enorme piuma che evade e visita altre contrade.
Il freddo percorre le stanze più recondite.
La paura inizia la sua danza. Si ode il lontano e mansueto ronzio delle lampade ad arco, russare di pianeti.
Un Dio dimenticato guarda crescere l'erba.
Il senso di certi ricordi che mi invadono, mi sfugge dolorosamente: spiegge di tiepida cenere, vasti aerodromi all'alba, saluti interminabili.
L'ombra erige ebre colonne di terrore. Si inquietano i pisamos.
Capisco solo alcune voci.
Quella del'impiccato di Cocora, quella dell'anziano minatore che morì di fame sulla spiaggia coperto inspiegabilmente da foglie luccicanti di banano; quella delle ossa di donna scoperte nella gola dell'Orsa; quella del fantasma che vive nel forno di trapiche.
Mi segue una colonna di fumo, albero spesso di radici ardenti.
Vivo città solitarie dove i rospi muoiono di sete. Mi inizio a misteri semplici elaborati con parole trasparenti.
E giro eternamente dattorno al defunto capitano dai capelli d'acciaio. Mie sono tutte queste regioni, mie sono le famiglie esaurite del sogno. Dalla casa degli uomini non esce una voce di soccorso che allievi il dolore di tutti i miei seguaci.
Il suo dolore disseminato come l'aroma spesso dei zapotes maturi.
Il risveglio avviene all'improvviso e senza senso. La paura si dilegua vertiginosamente per tornare poi con energie nuove e opprimenti.
La vita sofferta a sorsi; bocconi amari che feriscono profondamente, ci colgono ancora di sorpresa.

Il mattino si riempie di voci:
Voci che vengono dai treni
dai bus delle scuole
dai tram di periferia
dalle coltri tiepide stese al sole
dalle golette
dai tricicli
dai burattinai di vergini infami
dal quarto piano dei seminari
dai giardini pubblici
da qualche stanza di pensione
e da molte altre dimore diurne della paura.


(da "Gli elementi del disastro")
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